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Lavoro, Letta finanzia le aspiranti partite Iva. Con gli spiccioli

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Annunciato tra “squilli di trombe” e presentato come una speranza per migliaia di giovani italiani, alla fine il Decreto Lavoro è arrivato ai nastri di partenza. È l’ultimo provvedimento del governo Letta contro la disoccupazione, in cui è presente anche una norma pensata apposta per le aspiranti partite Iva, cioè i giovani intenzionati a mettersi in proprio per iniziare la libera professione. Tra i pochi soldi stanziati dall’esecutivo per creare nuovi posti di lavoro (circa 1,5 miliardi di euro in tutto) c’è infatti una piccola voce destinata al rifinanziamento delle misure a favore del cosiddetto autoimpiego. Si tratta di un insieme di contributi per 170 milioni di euro complessivi, che andranno a beneficio di chi vuole costituire una piccola impresa, aprire un’attività in franchising oppure iniziare un’esperienza di lavoro autonomo in diversi settori.

 

Una vecchia conoscenza

A ben guardare, i sostegni all’autoimpiego sono una vecchia conoscenza per la nostra economia, poiché furono istituiti per la prima volta da una legge che risale a 13 anni fa: il Decreto Legislativo n. 185 del 2000, le cui risorse sono giunte però a esaurimento alla fine di aprile. Adesso, Enrico Letta e il ministro del lavoro, Enrico Giovannini, hanno deciso di destinare nuovamente un po’ di soldi a questi programmi, che si concentreranno per lo più nelle aree geografiche maggiormente disagiate, cioè nelle regioni Sud Italia. Tutto bello, se non fosse per due particolari tutt’altro che trascurabili. In primo luogo, le risorse messe sul piatto dal governo sono appunto assai modeste e, molto probabilmente, andranno a beneficio soltanto di qualche migliaio di disoccupati. Inoltre, non va dimenticato che i risultati raggiunti sinora dalla legge sull’autoimpiego non sono particolarmente esaltanti, almeno se si guarda ciò che è accaduto negli ultimi anni. Questi programmi di sostegno sono stati gestiti da Invitalia, l’agenzia pubblica che ha lo scopo di promuovere lo sviluppo economico nel nostro Paese e che, nell’ultimo triennio, ha esaminato circa 9mila domande di contributi ogni 12 mesi, di cui quasi 3mila sono state ammesse alle agevolazioni. Nell’arco di 13 anni, questi finanziamenti hanno permesso la creazione di 185mila posti di lavoro (in media meno di 18mila all’anno), generando investimenti per quasi 5 miliardi di euro.

 

Come funzionano gli incentivi

Per accedere ai finanziamenti (oggi temporaneamente sospesi in attesa di nuove risorse), bisogna avviare una tra queste 3 iniziative:

  • un’attività di lavoro autonomo (in forma di ditta individuale), con investimenti previsti non superiori a 25.823 euro
  • una microimpresa (in forma di società di persone) con investimenti previsti non superiori  a 129.114 euro
  • un’attività in franchising (in forma di ditta individuale o di società), da realizzare con dei franchisor accreditati presso Invitalia.

 

Le agevolazioni consistono in mutui agevolati o in contributi a fondo perduto utilizzati per  effettuare gli investimenti o per portare avanti l’attività, a cui si aggiungono altri servizi di assistenza tecnica e gestionale.  Le richieste presentate dagli aspiranti imprenditori e dai liberi professionisti vengono esaminate ed approvate dagli esperti di Invitalia che, finora, hanno preferito sostenere soprattutto due fasce deboli del mercato: i giovani (che rappresentano il 51% dei beneficiari delle agevolazioni) e le donne (44%).  Si tratta indubbiamente di un aspetto positivo, che però non cancella il punto debole di queste iniziative per l’autoimpiego, cioè la mancanza di risorse adeguate. Senza soldi non si va da nessuna parte. E non si vince la lotta alla disoccupazione.


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