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Dalle agenzie di viaggi alle yogurterie: il panorama italiano

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Il business più grande di tutti è nella vendita di prodotti alimentari, che ha un giro d’affari complessivo di 6 miliardi di euro. Seguono a distanza le agenzie di viaggi, i servizi di mediazione creditizia, l’abbigliamento, i negozi di biancheria intima e la ristorazione, che fatturano nel complesso tra 1 e 1,5 miliardi ciascuno. E’ questo, in sintesi, il quadro d’insieme del franchising italiano che, secondo i dati della società di ricerca Nielsen (aggiornati al 2011), è ormai una realtà molto variegata, che spazia su diversi segmenti del commercio e dei servizi.

 

Anche asili e yogurterie

Oltre ai settori appena citati, ci sono poi alcuni business emergenti che si stanno lentamente ritagliando un po’ di spazio sul mercato. E’ il caso degli asili nido e delle ludoteche, che hanno un giro d’affari totale di oltre 100milioni di euro ogni anno, a cui si aggiungono le gelaterie e yogurterie (92 milioni circa), le palestre e  i centri benessere (quasi 230 milioni di euro). Chi vuole aprire un punto vendita in franchising, insomma, non ha che l’imbarazzo della scelta e può scegliere tra un ampio raggio di attività. Inoltre, va ricordato pure che questa forma di commercio al dettaglio è presente in forze in tutto il territorio nazionale, anche nelle regioni economicamente meno avanzate come quelle del Sud, che presentano purtroppo un tasso di disoccupazione ben superiore rispetto all’Italia Settentrionale.

 

Lombardia in testa

A incidere maggiormente sulla quantità dei punti vendita in franchising (franchisee), infatti, è il numero di abitanti di una determinata area della Penisola, più che il  livello di ricchezza dei consumatori. In altre parole, le regioni più popolate del paese (che includono i grandi centri urbani) sono anche quelle dove c’è un numero più elevato di più franchisee sparsi sul territorio. A guidare la  classifica nazionale è la Lombardia (oltre 8.300 franchisee), seguita dal Lazio (circa 6.600), dalla Sicilia, dalla Campania e dal Piemonte (attorno a 5mila punti vendita). Seguono via via tutte le altre regioni, per arrivare sino al “fanalino di coda” della Valle d’Aosta (che ha poco più di 155 franchisee).

 

Piccolo è bello

Non bisogna pensare, tuttavia, che un’attività in franchising sia profittevole soltanto se il punto-vendita viene aperto in una grande città, dove lo shopping viaggia sempre a ritmi sostenuti. A ben guardare, la maggior parte dei negozi ha un bacino di utenza medio o medio piccolo, cioè si rivolge a una platea di potenziali clienti inferiore a 100mila persone, che corrispondono alle dimensioni di un qualunque capoluogo di provincia. Il 46% dei franchisee, cioè quasi la maggioranza assoluta, ha addirittura a un bacino di utenza compreso tra 20mila e 50mila abitanti, mentre un’ulteriore 35% serve una zona geografica o urbana ancor meno popolata, cioè con non più di 20mila residenti. Soltanto il 5% dei punti-vendita in franchising, invece, ha una platea di potenziali clienti superiore a 100mila persone.

 

 

Quanto bisogna investire

Non è molto elevato neppure l’investimento iniziale che serve per avviare un negozio in franchising. Sempre secondo le statistiche di Nielsen (realizzate per l’associazione di categoria Assofranchising), più della metà dei negozi e delle strutture commerciali può essere aperta investendo una somma inferiore a 40mila euro: il 27,5% costa addirittura meno di 20mila euro e un altro 26% circa tra 20mila e 40mila euro. Meno di un un decimo dei negozi affiliati a una rete in franchising, invece, richiede un investimento sopra i 300mila euro. Infine, abbastanza contenuta è anche l’ampiezza dei punti-vendita che, in oltre la metà dei casi, si estende per non più di 80 metri quadri (il 40% dei negozi non supera addirittura i i 60 mq e oltre il 20% non va oltre i 40 mq).


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